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I SETTE IN TAVOLA

Cartella composta da n. 7 litografie, tirata e confezionata in 99 esemplari unici dalla Druckerei Helmut Janz di Penzberg, Baviera, Germania (1987).

Assistiamo, in questa recente produzione del Maestro Chianello, ad una ripresa tematica, nell’ alveo della sua più vera ed autentica poetica, ove l’ Artista si è espresso al meglio delle sue capacità e notevoli potenzialità. E questo non tanto dal punto di vista, invero basilare, ma limitativo, della tecnica quanto, piuttosto, perché la magia della sua arte attinge ai vertici quando può coniugare il “mestiere” alla personale visione filosofica, matrice di autentici capolavori esaltanti, a nostro vedere, l’ attuale panorama pittorico. Eccoci, quindi, ai “Sette in tavola”, questa splendida serie di sette cartelle, una per ciascuno dei vizi capitali (e, ci si consenta, per assonanza, non è il capitale il maggior vizio a ricordarsi della inaccessibilità al ricco del regno dei cieli!?) ove l’ impostazione surrealistica, veicolo alla migliore produzione del Maestro, si svolge attraverso segno e colore nella grafia coloristica della litografia. E qui, la mano tentatrice del vizio – assunto a simbolo eterno del Male, combattuto e forse vinto dal Bene, di cui i piccoli uomini (divine creature!?) sono emanazione – campeggia le singole tavole pittoricamente imbandite, nella comprensibilità della trasparente metafora. E questi “effimeri” (come filosoficamente li appella il Maestro) simboleggiano la coscienza (morale) che si oppone al peccato, costituendo l’ elemento che dà movimento dialettico alla composizione, scrollando l’ apparente staticità degli elementi compositivi di base. Ma dove l’ invenzione percorre la via della genialità è nell’ attribuzione di una cromia individualizzante ad ogni singolo vizio che ne resta, così, caratterizzato assumendone la connotazione identificativa. Vedasi, ad esempio, la perfetta adesione della sanguigna alla Lussuria e la negazione di ogni razionalità del nero per l’ Ira. E come l’ unico autentico Vate della poesia moderna (alludiamo, di certo, ad Arthur Rimbaud) potè vantarsi in una celebre poesia di aver inventato il colore delle vocali, così Maurizio Chianello potrebbe del pari affermare, e con disvelato orgoglio, di aver intuito e creato i colori del peccato, attribuendo a ciascuno dei vizi capitali, nella diversa e specifica scala cromatica, il proprio unico e singolare colore, come tale individualizzante epperciò personificante. E poiché esecrando il peccato Chianello condanna le meschinità e le debolezze dell’ uomo moderno (del volto nella folla, del vicino della porta accanto, chè non c’ è bisogno di rifarsi ai grandi peccatori di dantesca memoria) e non certo quel peccato originale che, per Kierkegaard, ha consentito all’ uomo di uscire dall’ indifferenziato del divino conquistando la coscienza di sé, non saremmo stupiti se un giorno ci fosse dato di ammirare un’ altra cartella del Maestro sulle virtù teologali, approdo probabile al divino, culmine di un’ autentica ed ansiosa ricerca passando attraverso le dolorose stazioni dell’ umano calvario.


(Presentazione in cartella a cura di Alessandro FERRARO, Roma 1987)

LA SUPERBIA - cm. 49 x 35,5
colore rosso magenta

L' AVARIZIA - cm. 49 x 35,5
colore stil de grain bruno

LA LUSSURIA - cm. 49 x 35,5
colore sanguigna

L' INVIDIA - cm. 49 x 35,5
colore verde cromo chiaro

LA GOLA - cm. 49 x 35,5
colore lacca alzarina chiara

L' IRA - cm. 49 x 35,5
tonalità nero fumo

L' ACCIDIA - cm. 49 x 35,5
colore grigio giallino

Roma, 1987 - Prima di consegnarle alla stamperia Bavarese che, in sua presenza, ne curerà l’ emissione, l’ Artista è ripreso nel suo studio mentre esegue le ultime fasi di rifinitura sulle sette tavole grafiche.

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